11 Aprile 1944

“Questi non sono cristiani, sono diavoli scappati dall’inferno” – 11 aprile 1944, il rastrellamento di Montegonzi

Nell’aprile del 1944, la terribile guerra che da cinque anni insanguinava l’Europa, portando lutto e  devastazione, era ormai entrata nel suo  ultimo anno, il più cruento. Solo nel nostro paese perirono, tra il settembre 1943 e l’aprile 1945, ben 225.000 persone, la metà di tutte le vittime italiane della seconda guerra mondiale. I civili uccisi in quel periodo furono 10.000. Dopo l’armistizio dell’8 settembre del ’43, precarietà, incertezza  e disordine governavano la quotidianità del paese.  Mentre nascevano e si organizzavano i gruppi partigiani che avrebbero dato vita, fino alla fine della guerra, alla “Resistenza”, l’Italia tutta era percorsa da schiere di gente in movimento: soldati allo sbando, renitenti alla leva,  intere famiglie e singoli cittadini  si spostavano da un luogo all’ altro della penisola  nel tentativo di mettersi al riparo dai pericoli di una guerra sempre più aspra.

Ma lungo lo stivale si aggiravano  anche gli uomini  della Guardia Nazionale Repubblicana, seminando il panico tra la popolazione civile. Costituita nel dicembre del 1943, con compiti di polizia militare e di controllo  del territorio, la Guardia Nazionale si era in breve tempo specializzata in azioni di rastrellamento per la ricerca di partigiani, renitenti, disertori e fiancheggiatori. Operava spesso accompagnandosi a reparti militari tedeschi e le azioni  repressive per la maggior parte si concludevano in arresti e fucilazioni sul posto.  In certi casi, e ciò si verificò anche nel territorio comunale di Cavriglia,  si ebbero  vere e proprie stragi, con  centinaia di civili passati per le armi.

Montegonzi, come tanti altri borghi Toscani, a partire dal settembre del ’43, fu teatro del vagabondaggio di un’umanità dolente, costituita per lo più  da giovani che non si erano presentati ai distretti militari  per l’arruolamento e soldati fuggiti dal fronte. Costoro  cercavano rifugio nei folti boschi delle pendici montane del Chianti e confidavano nella generosità della  popolazione locale per avere un po’ di sostentamento, in attesa di riprendere la marcia verso casa. 

Tra coloro che raggiunsero il nostro borgo ci fu un ragazzo di cui ripercorreremo gli ultimi giorni di vita,  perché l’epilogo della sua esistenza è drammaticamente  intrecciato alla storia del paese.  

A narrare le conclusione della vicenda umana di questo giovane siciliano di vent’anni, Cosimo Sabbia, morto ammazzato dai repubblichini in azione di rastrellamento nella pineta della “Forra”, c’è il racconto corale di un’intera comunità: i bambini e i ragazzi di allora, protagonisti e spettatori di quel tragico fatto, ce ne restituiscono da una distanza di 70 anni una memoria a tratti frammentaria, ma concorde per quello che riguarda l’essenza dei fatti.